Mattone, il buco nero della Vallagarina.

Negli ultimi 5 anni il settore del mattone ha lasciato per strada oltre mezzo migliaio di posti.

Su 10 euro di investimenti, in Trentino 4 sono da parte del pubblico. In Italia il tasso si ferma al 20%.

A fronte di 171 chiusure registrate 99 «nascite» di imprese, alle volte destinate a uno specifico appalto.

A ottobre su 389mila ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps 151mila dell’edilizia.

Al 18 ottobre scorso erano 1.009 gli iscritti alle liste di mobilità del Cpi di Rovereto.


Nell’insieme di fenomeni che va sotto il nome di «crisi» in Trentino, l’edilizia spicca come grande ammalato: nel mese di ottobre, su un monte totale di 389.386 ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps, 151.681 erano nell’edilizia, 148.328 di operai e 3.353 di impiegati.
Dati che rappresentano un miglioramento, un grottesco respiro di sollievo rispetto allo scorso settembre, quando si registrarono 186.935 ore di cassa in più.

La voragine lagarina
All’interno del recinto «edilizia», scenari differenti a seconda delle aree di riferimento. Come accade in altri ambiti, la Vallagarina registra performance peggiori rispetto la media. Un dato su tutti. Al 20 ottobre scorso, un terzo delle persone iscritte alle liste di mobilità in Vallagarina apparteneva all’edilizia. Il dato emerge in tutta la sua gravità nel confronto con l’orizzonte provinciale, dove lo stesso rapporto è di uno a cinque: dei 5.458 iscritti alle liste di mobilità al 18 ottobre scorso, «solo» 1.110 provenivano dal settore costruzioni; dall’industria, altra grande malata, 775. L’attuale flessione del lavoro in Vallagarina, cuore industriale del Trentino, è tutta in un numero, 1.009. Tanti gli iscritti alle liste di mobilità del Cpi (centro per l’im- piego) di Rovereto. Lo stesso dato a Trento è 1.606.

Dallo scoppio della bolla
Al punto culminante della bolla edilizia, nell’ottobre del 2008, dopo sette anni di crescita senza freni, nei comprensori c10 e c9, (Rovereto e Riva), vi erano 387 imprese versanti nella cassa edile, per 2.014 lavoratori coinvolti. Oggi, dopo cinque anni, le ditte versanti sono 315, 72 in meno. Da sottolineare però che delle originarie 387 imprese del 2008 sono 171 quelle non più esistenti oggi. Il dato si spiega nelle 99 imprese edili «nuove» sorte nell’ultimo quinquennio, termometro di un settore in fibrillazione, che ha visto susseguirsi chiusure di imprese ed aperture, alle volte per correre ad un solo appalto. Il saldo generale è comunque negativo: dal 2008 ad oggi bruciati 519 posti di lavoro. Ancora una volta lo scenario è però peggiore di quello che dicono i dati. Il mezzo migliaio di stipendi persi riguarda solo gli operai: tutte le figure impiegatizie che comunque gravitano nel mondo dell’edilizia non sono contate.

Lo scenario futuro
«Nulla di positivo all’orizzonte - considera Stefano Pisetta, segretario ge- nerale della Filca-Cisl del Trentino - la prossima primavera potremmo ritrovarci a commentare dati peggiori. Stiamo pagando oggi errori strategici che affondano le radici nel passato. Consideriamo che mediamente in Italia il pubblico vale il 20% degli investimenti. In Trentino si arriva oggi fino al 40%. E nel 2008 si è arrivati fino al 70%. Considerato poi che nell’ultimo decennio il settore abitativo è stato drogato dall’intervento provinciale, e che ci ritroveremo con tanto di invenduto da qui ai prossimi anni, è ovvio che la fuoriuscita dalla crisi passa dall’intervento ragionato del pubblico. Perché il rischio è che ora, dopo le tante ditte cadute per più o meno un “concorso di cause”, ovvero perché la crisi ha portato a galla criticità proprie delle aziende, ora rischiano anche le aziende sane. Lo dobbiamo evitare».
Da qui un trittico di proposte targata Cisl: snellire la burocrazia, favorire il processo di delega della gestione degli appalti ad enti terzi e istituire una sorta di «patente a punti» per le imprese edili.

«Il Trentino è “preda” molto gradita all’esterno. Dal resto d’Italia, dove le condizioni sono anche molto peggiori, l’afflusso di ditte ed imprese per ogni bando è continuo. Il sistema trentino dovrebbe dotarsi degli strumenti per far muro a questo attacco, e fare in modo che i soldi delle commesse pubbliche restino sul territorio.
Come fare? L’esempio da seguire è vicino. È l’Alto Adige».
 

A cura di REDAZIONE CASETRENTINE.IT - Fonte L'ADIGE - QUOTIDIANO
14 novembre 2012 mercato immobiliare , nuove realizzazioni

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